“Frocio, Finocchio …” disse Sarri a Mancini …

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“Ma io … che c’entro?” rispose il Finocchio a Sarri e Mancini …

E’ l’argomento del giorno … e non potevamo non farci su una delle nostre belle pippe mentali … . Però se vi aspettate prosopopee sul fatto che nel 2016 si discrimini ancora sui gusti sessuali, oppure se cercate delle considerazioni dietrologiche su quanto sia furbo Mancini a cercar di destabilizzare l’ambiente Napoli calcio, facendo perno sull’ingenua omofobia di Sarri, vi ripeto quello che dico spesso: “Fatevi un giro per il nostro blog e troverete … ciò che cercate!”.

In questo post, invece, mi voglio concentrare su un altro aspetto della vicenda. Un dettaglio che ha solleticato il mio intelletto, facendolo precipitare in una delle sue solite pippe mentali: “Ma perché si dice finocchio per designare un omosessuale?”.

Spazzolando su internet e leggiucchiando su dizionari ed enciclopedie, con mio grande stupore ho constatato che il tema è stato fortemente dibattuto, senza che poi alla fine si sia giunti ad una soluzione certa. Negli anni si sono alternate diverse ipotesi, più o meno fantasiose, alcune ridicole ed altre pretestuose. Del resto non poteva capitare altrimenti quando si ha a che fare con la stupidità umana: non potrei definire diversamente il pregiudizio e la discriminazione in base alle preferenze sessuali.

Tra le più fantasiose teorie, mi piace ricordare quella che vuole far risalire l’accostamento tra il vituperato ortaggio e l’omosessuale ad una fantomatica battaglia, occorsa tra greci e persiani. Ovvero in un tempo non ben definito, mentre imperversava la contesa, i greci notarono che i loro venerandi nemici persiani erano più interessati ad adornare le proprie armature, piuttosto che a muovere guerra. Traendo spunto dal campo di finocchi selvatici su cui si stava battagliando, i fieri occidentali greci iniziarono a prendere in giro i mollaccioni orientali persiani, paragonandoli appunto alla pianta del finocchio… .

Di ben altro tenore, è la teoria, andata di moda per molti anni, secondo cui nel medioevo si costumava gettare nei roghi, in cui si facevano spesse volte ardere gli omosessuali, piante e fasci di finocchi, per attenuare l’olezzo di carne bruciata. A sostegno di questa bizzarra interpretazione, che ad onor del vero non presenta nessun riscontro in testi né del tempo né di periodi successivi, alcuni sedicenti cultori della filologia hanno avuto l’ardore di evidenziare come il termine foggot, in inglese, designi sia la fascina di legna che l’omosessuale. A smentire tale boiata sono allora intervenuti altri eminenti filologi, che hanno dimostrato come l’etimologia di foggot derivi dal francese antico “fagot”, che significa “fagotto, involto pesante”, ovvero per traslato donna noiosa, petulante.

Volendo proseguire nel solco della filologia, non si può non menzionare la surreale interpretazione che taluni propugnano collegando il termine finocchio all’assonanza fonetica dei termini  “fenor culi”, cioè dal latino “vendita del culo“.

Altri ancora slegano l’accezione dispregiativa del termine dall’ortaggio in se stesso, per invece ricollegarla ad una maschera della commedia dell’arte toscana, chiamata appunto Finocchio, che rappresentava il servo ora sciocco ora astuto, ma dalle movenze comunque effeminate.

Infine, e veniamo alla teoria che va per la maggiore, molti mettono in evidenza come nel medioevo, sempre da qui si parte …, il finocchio selvatico spesso venisse utilizzato per aromatizzare i cibi, al luogo delle spezie orientali, ben più rare e costose. Per traslato dunque il termine finocchio andrebbe a designare una persona, che si ritiene di poco valore.
Tale interpretazione trarrebbe ulteriore linfa anche da uno pseudo sonetto, aprocrifo di Dante Alighieri, in cui appunto il termine finocchio va a designare una persona dappoco, infida, spregevole:
E quei, ch’io non credeva esser finocchi, [traditori]
ma veri amici, e prossimi, già sono
venuti contra me con lancie, e stocchi.

E quegli, ch’era appresso a me più buono,
vedendo la rovina darmi addosso,
fu al fuggir più, che gli altri, prono.

(Dante Alighieri (apocrifo), I sette salmi penitenziali, Tipografia Silvestri, Milano 1851, p.49).

Pur ammettendo per buona quest’ultima interpretazione, prepotente ed inquietante emerge il becero pregiudizio che ne è alla base. Ovvero nella nostra società è normale ritenere che un omosessuale sia una persona da poco, un essere infido e spregevole, un uomo non uomo. Ovvero nella nostra società per offendere qualcuno è sufficiente chiamarlo finocchio, cioè omosessuale: così ha inteso fare Sarri, così ha inteso capire Mancini.

Innominato