C’è chi paga per far spogliare una donnina …

C’è chi paga per far spogliare una donnina … e chi invece per far coprire una statuina!

A destra l'oscena nudita coperta nei pannelli di sinistra ...

A destra l’immagine dell’oscena nudità ….coperta nei pannelli di sinistra …

E’ sulla bocca di tutti (ed anche in qualche altro posto per altri …) e quindi non potevamo esimerci dal metterci il becco, ops … dal farci su la nostra bella pippa mentale! Ovvero, in occasione della visita del presidente iraniano Hassan Rohani in Campidoglio, il governo italiano ha  fatto coprire le nudità di talune statue dei Musei Capitolini.

Ufficialmente, così ci hanno raccontato …, l’atto è riconducibile ad una qualche forma di rispetto e sensibilità nei confronti della cultura iraniana.
Allora, ai più ingenui di noi è venuto spontaneo pensare che non sarebbe stato difficile programmare un percorso alternativo, oppure addirittura differenti sedi di incontro, che al tempo stesso non avrebbero né urtato la sensibilità del regime totalitario iraniano, né umiliato la nostra tanto bistrattata cultura italica. Ed invece no! Noi, siamo troppo ingenui: Rohani doveva vedere come noi italiani siamo bravi a metterci a 90!

Sia ben chiaro: di certo non è una novità introdotta dal nostro buon democristiano Renzi! Tale pratica, tale viscida sensibilità tutta occidentale, è ormai vetusta e consolidata, e non solo tipica dei nostri manierismi italiani. Infatti essa viene altresì ipocritamente costumata anche dalle ben più laiche e liberali democrazie francesi ed inglesi … .

Insomma, l’abbiamo capito tutti: si è trattato di una bella marchetta! Una bella marchetta da ben oltre 17 miliardi di euro in potenziali contratti. Una bella marchetta … però al contrario, in cui non ci è spogliati ma ci si è invece coperti.

I più attenti di voi adesso insorgeranno protestando che si tratta della solita vecchia retorica qualunquista, … che non c’è nulla di nuovo, … .
Ebbene sì, avete ragione! Infatti il fatto in sé non ha nulla di eccezionale, quanto invece a me piace strumentalizzarlo per sottolineare l’ipocrita meschinità, che spesso ci accompagna nelle nostre azioni di ogni giorno. Ovvero la nostra puritana cultura ci fa aborrire la prostituzione fisica, sì quella delle prostitute e delle escort, mentre spudoratamente ammette, e alle volte anche esalta, quella intellettuale. Per esser chiari, parlo di quegli atteggiamento e di quegli atti di cui, coscientemente ed incoscientemente, spesso ognuno di noi, ogni giorno, si fa interprete in ufficio, in fabbrica, in un locale pubblico, su un cantiere di lavoro. Insomma parlo di tutte le volte che per il vil denaro  mortifichiamo il nostro intelletto. Così è capitato oggi ai musei Capitolini, così oggi forse è capitato anche nel tuo ufficio o nella tua fabbrica.
Ed ecco quindi la nostra bella pippa mentale: tanto bravi a scandalizzarci per una, quando poi noi stessi, spesso, siamo protagonisti dell’altra, dovremmo allora ricordarci che alla fin fine, in entrambi i casi, è pur sempre solo prostituzione!

P.s.: anche il presidente iraniano Hassan Rohani ha poi dovuto fare la sua marchetta quotidiana. Pensate a come abbia salutato Papa Francesco: “Le chiedo di pregare per me …”.

Innominato

C’era una volta … il trattato di Schengen

Con toni più o meno catastrofici, grondanti di becera retorica o peggio di subdolo utilitarismo, ormai impazza da alcune settimane il tema della sospensione del trattato di Schengen.
Ma perché mai tutto questo clamore?“.

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I più informati, dall’alto della loro prezzolata competenza, pongono in evidenza che la sospensione è prevista dal trattato stesso. Ovvero l’articolo 26 del codice statuisce che in caso di “minaccia sistemica e persistente” alle frontiere esterne, potranno essere introdotti controlli fino a due anni. Con nonchalance, taluni sedicenti democrazie occidentali, quali Austria e Danimarca, hanno quindi formulato la seguente equivalenza: flusso di migranti uguale a libera circolazione di delinquenti e terroristi, ovvero  “minaccia sistemica e persistente”.

Ed allora: “Perché mai tutto questo clamore?“.

Altri acuti osservatori hanno altresì evidenziato che esiste la possibilità di sospendere l’uso del trattato per un limitato periodo e per specifici motivi. Questa misura è stata utilizzata già più volte e da diversi paesi, soprattutto in occasione di manifestazioni di respiro internazionale quali G7, G8, conferenze sull’Ambiente, campionati europei di calcio … .
Qualcuno di voi vuole azzardarsi forse ad asserire che il massiccio flusso di migranti, a cui è sottoposta negli ultimi mesi l’Europa non possa rientrare in questa casistica?
Ed allora: “Perché mai tutto questo clamore?”.

Altri ben pensati fanno surrettiziamente notare come l’accordo di Schengen non sia stato sottoscritto da tutti i Paesi dell’Unione Europea, adducendo il caso ben più complesso del Regno Unito e della Repubblica d’Irlanda. Inoltre tali luminari evidenziano come in alcuni paesi dell’Unione Europea, quali Romania, Bulgaria, Croazia e  Cipro, non è entrato in vigore, benché sottoscritto, in quanto non sono stati attuati tutti gli accorgimenti tecnici necessitanti. Tali defezioni si sono ormai consolidate, senza che ne siano derivate catastrofiche conseguenze.
Ed allora: “Perché mai tutto questo clamore?”.

Eminenti giuristi spiegano poi che il trattato di per sé statuisce semplicemente la libera circolazione delle persone, o meglio l’assenza di controllo alle frontiere delle persone, che non va confuso con i controlli doganali sulle merci, anche se portate sulle persone. Come dire facciamo passare il Tir, ma controlliamo l’autista … .
Ed allora: “Perché mai tutto questo clamore?”.

Sedicenti storici raccontano ancora che il trattato di Schengen (1985) è stato inglobato nei principi dell’Unione Europea con il trattato di Maastricht (1992) e quindi di Amsterdam (1997), ovvero in epoche ben lontane da quegli anni cinquanta, quando sulle rovine della II Guerra mondiale la CECA (Comunità economica del carbonio e dell’Acciaio) e quindi la CEE (Comunità economica Europea) nacquero con l’obiettivo di promuovere innanzitutto la collaborazione economica tra i paesi, partendo dal principio che il commercio produce un’interdipendenza che riduce i rischi di conflitti.
Ed allora: “Perché mai tutto questo clamore?”.

Ed allora: “Perché mai tutto questo clamore?”.
Non è che qualcuno, …. o qualcosa che conta, che conta davvero, inizi a temere che la sospensione del trattato di Schengen riesca ad attuare ciò che non è riuscito alla crisi innesca dall’affaire Lehman Brother?
Sarò più chiaro … non è che qualcuno o qualcosa inizi davvero a temere che per via di un effetto domino, di natura soprattutto economica, dalla chiusura delle frontiere si arrivi al crollo dell’euro e dell’Unione Europea?
“Pazzia allo stato puro!” molti di voi urleranno.
“Sì, forse avete ragione!” . Però non mi sembra di essere più fuori di testa di chi non rafforza i confini esterni, creando finalmente un esercito ed un corpo di polizia europea, ma che al contrario si accinge a ripristinare i confini tra membri di una stessa comunità. Per traslato è come se una famiglia anziché chiudere il cancello di casa, chiudesse le porte che separano le diverse stanze della casa stessa.
Sia ben chiaro, però, che non sto propugnando di rinunciare al dovere morale dell’accoglienza. No! Non sto dicendo assolutamente questo. Al contrario ritengo che perché si possa aiutare davvero chi migra, così come è capitato in tempi passati a noi europei …, ci si debba dotare delle adeguate strutture comunitarie, richieste dall’ardito ed oneroso compito. Ed invece, di anno in anno diventa sempre più anacronistico un’Europa che, anziché unificare i suoi apparati economici, politici, militari, giuridici e sociali, torna al contrario a dividersi nei confini tracciati settant’anni fa. Gli Stai Uniti d’Europa non esistono (e già lo sapevamo), né mai esisteranno. Nel frattempo l’asse del potere si sposta sempre più ad oriente, dove la Cina ha lanciato la sua offensiva demografica, legalizzando la nascita del secondo figlio per ciascuna famiglia, che le consentirà di raddoppiare la sua popolazione nell’arco di 20-30 anni. Ma di tutto questo parleremo altrove … .

Innominato

“Frocio, Finocchio …” disse Sarri a Mancini …

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“Ma io … che c’entro?” rispose il Finocchio a Sarri e Mancini …

E’ l’argomento del giorno … e non potevamo non farci su una delle nostre belle pippe mentali … . Però se vi aspettate prosopopee sul fatto che nel 2016 si discrimini ancora sui gusti sessuali, oppure se cercate delle considerazioni dietrologiche su quanto sia furbo Mancini a cercar di destabilizzare l’ambiente Napoli calcio, facendo perno sull’ingenua omofobia di Sarri, vi ripeto quello che dico spesso: “Fatevi un giro per il nostro blog e troverete … ciò che cercate!”.

In questo post, invece, mi voglio concentrare su un altro aspetto della vicenda. Un dettaglio che ha solleticato il mio intelletto, facendolo precipitare in una delle sue solite pippe mentali: “Ma perché si dice finocchio per designare un omosessuale?”.

Spazzolando su internet e leggiucchiando su dizionari ed enciclopedie, con mio grande stupore ho constatato che il tema è stato fortemente dibattuto, senza che poi alla fine si sia giunti ad una soluzione certa. Negli anni si sono alternate diverse ipotesi, più o meno fantasiose, alcune ridicole ed altre pretestuose. Del resto non poteva capitare altrimenti quando si ha a che fare con la stupidità umana: non potrei definire diversamente il pregiudizio e la discriminazione in base alle preferenze sessuali.

Tra le più fantasiose teorie, mi piace ricordare quella che vuole far risalire l’accostamento tra il vituperato ortaggio e l’omosessuale ad una fantomatica battaglia, occorsa tra greci e persiani. Ovvero in un tempo non ben definito, mentre imperversava la contesa, i greci notarono che i loro venerandi nemici persiani erano più interessati ad adornare le proprie armature, piuttosto che a muovere guerra. Traendo spunto dal campo di finocchi selvatici su cui si stava battagliando, i fieri occidentali greci iniziarono a prendere in giro i mollaccioni orientali persiani, paragonandoli appunto alla pianta del finocchio… .

Di ben altro tenore, è la teoria, andata di moda per molti anni, secondo cui nel medioevo si costumava gettare nei roghi, in cui si facevano spesse volte ardere gli omosessuali, piante e fasci di finocchi, per attenuare l’olezzo di carne bruciata. A sostegno di questa bizzarra interpretazione, che ad onor del vero non presenta nessun riscontro in testi né del tempo né di periodi successivi, alcuni sedicenti cultori della filologia hanno avuto l’ardore di evidenziare come il termine foggot, in inglese, designi sia la fascina di legna che l’omosessuale. A smentire tale boiata sono allora intervenuti altri eminenti filologi, che hanno dimostrato come l’etimologia di foggot derivi dal francese antico “fagot”, che significa “fagotto, involto pesante”, ovvero per traslato donna noiosa, petulante.

Volendo proseguire nel solco della filologia, non si può non menzionare la surreale interpretazione che taluni propugnano collegando il termine finocchio all’assonanza fonetica dei termini  “fenor culi”, cioè dal latino “vendita del culo“.

Altri ancora slegano l’accezione dispregiativa del termine dall’ortaggio in se stesso, per invece ricollegarla ad una maschera della commedia dell’arte toscana, chiamata appunto Finocchio, che rappresentava il servo ora sciocco ora astuto, ma dalle movenze comunque effeminate.

Infine, e veniamo alla teoria che va per la maggiore, molti mettono in evidenza come nel medioevo, sempre da qui si parte …, il finocchio selvatico spesso venisse utilizzato per aromatizzare i cibi, al luogo delle spezie orientali, ben più rare e costose. Per traslato dunque il termine finocchio andrebbe a designare una persona, che si ritiene di poco valore.
Tale interpretazione trarrebbe ulteriore linfa anche da uno pseudo sonetto, aprocrifo di Dante Alighieri, in cui appunto il termine finocchio va a designare una persona dappoco, infida, spregevole:
E quei, ch’io non credeva esser finocchi, [traditori]
ma veri amici, e prossimi, già sono
venuti contra me con lancie, e stocchi.

E quegli, ch’era appresso a me più buono,
vedendo la rovina darmi addosso,
fu al fuggir più, che gli altri, prono.

(Dante Alighieri (apocrifo), I sette salmi penitenziali, Tipografia Silvestri, Milano 1851, p.49).

Pur ammettendo per buona quest’ultima interpretazione, prepotente ed inquietante emerge il becero pregiudizio che ne è alla base. Ovvero nella nostra società è normale ritenere che un omosessuale sia una persona da poco, un essere infido e spregevole, un uomo non uomo. Ovvero nella nostra società per offendere qualcuno è sufficiente chiamarlo finocchio, cioè omosessuale: così ha inteso fare Sarri, così ha inteso capire Mancini.

Innominato

Un drammatico annuncio … da una vecchia signora in rosa-nero.

E’ proprio vero … l’ironia del caso vuole spesso che il dramma si mostri con il suo volto più bizzarro.

Forse sarà per colpa del mio subconscio che, atterrito dalla gravità della notizia, anziché soffermarmi sul drammatico annuncio del test nucleare e sulle sue pericolose conseguenze, mi sono messo a fare mille pippe mentali sulla singolare speaker della Tv Nord Coreana.

Ri Chun-hee giornalista e conduttrice televisiva nordcoreana

“Ma chi è mai costei?” mi sono chiesto perplesso, scimmiottando il buon vecchio Don Abbondio con il suo enigmatico Carneade.

Ipnotizzato dai suoi meccanici movimenti, che reiteratamente la portavano ad accennare leggeri inchini in avanti, rapito dal suo sguardo fisso verso il basso, perso ovvero nell’attenta lettura del preciso copione da recitare, accecato dal suo sfolgorante jeogori rosa che sormontava il caratteristico china di colore nero, mi è scappato quel tipico saccente risolino occidentale.

Vinto dalla curiosità, sono dunque andato alla ricerca di notizie, scoprendo che l’arzilla vecchietta è tale Ri Chun-hee, di anni 72, famosissima giornalista coreana, andata in pensione nel lontano 2012. Richiamata appositamente per l’occasione, l’annunciatrice del popolo, così conosciuta da tutti, ha impressionato ancora una volta il mondo intero, e non solo per la gravità delle sue parole.
Infatti improvvisamente mi è tornato in mente come tale Ri Chun-hee, cresciuta con i fondi del governo e brillantemente laureatasi in performance art, fosse già balzata agli imbarazzi della cronaca nel 2011 e prima ancora nel 1994, quando scoppiando in un disperato pianto aveva annunciato la morte rispettivamente di Kim Jong II e di Kim II Sung.

Un ghigno beffardo, di colpo, è venuto a disegnarsi sul mio viso, prima che ancora una volta mi scappasse quel supponente sorrisetto da occidentale.
Insomma … è proprio vero che sempre “mi affretto a ridere di tutto e di tutti, per la paura di essere costretto a piangerne!”.

Innominato