Un anno fa … Charlie Hebdo!

Non mi soffermerò sul fatto in sé, né in appassionanti filippiche ricche di tanta sterile retorica: è stato scritto tanto e se ne scrive tuttora troppo, e spesso per fini biecamente strumentali. Comunque tutto … è iniziato un anno fa. O meglio per noi europei, tutto è iniziato con la strage alla sede di Charlie Hebdo, il nostro 11 Settembre statunitense, tanto che ormai è invalsa la moda di parlare di primo Natale ai tempi dell’Isis, di primo Capo d’Anno ai tempi dell’Isis … .

E’ passato un anno … e l’Europa è ancora sotto shock.
Uno shock surreale di cui spesso non ci si rende conto, ma che latente ci condiziona ogni giorno.
Uno shock che si rinnova ed acuisce di attentato in attentato, e che ci porta a rivedere i principi cardini della nostra cultura, le nostre libertà fondamentali.
E così … dopo 70 anni la Francia è tornata ha dichiararsi in stato di guerra, chiudendo anche momentaneamente le sue frontiere, nelle ore successive alla strage del Bataclan, che riapriva drammaticamente le ferite mai sanate dell’attentato alla sede di Charlie Hebdo.
E così … stati civilissimi come Danimarca e Svezia hanno deciso unilateralmente di sospendere il trattato di Schengen,  tornando a limitare la libertà di circolazione delle persone, per prevenire l’immigrazione illegale, la criminalità organizzata, nonché l’infiltrazione incontrollata di cellule terroristiche.
E così … per la prima volta i metal detector hanno fatto la loro comparsa nei luoghi simbolo della cultura italiana, come il Colosseo a Roma e la Scala a Milano.
E così … più comuni italiani hanno predisposto ordinanze, che prevedevano la rimozione dei crocifissi dalle aule scolastiche, in ottemperanza ad una sensibilità laica, volta a non offendere le altre culture presenti nel nostro paese.
E così … la Santa Sede, di angelus in angelus, persevera nel dar prova di straordinario equilibrismo linguistico, denunciando le continue stragi di cristiani nel mondo, senza però mai levare accuse che possano urtare altre confessioni, altre culture.  Anzi lo stesso apprezzatissimo  Papa Francesco I, un anno fa fu protagonista di uno degli scivoloni più clamorosi del suo pur positivo pontificato, allorquando commentando le vicende di Charlie Hebdo, in un eccesso di genuinità, dichiarò di considerare normale voler dare un pugno a chi offendesse la propria madre.
E così … , indolenti, si potrebbe continuare in questo assurdo elenco.

Maliziosamente, verrebbe però anche da pensare quante delle precedenti misure siano effettivamente conseguenza della strage di Charlie  Hebdo o del Bataclan, piuttosto che il risultato di altre logiche geopolitiche o di interessi economici particolari, che utilizzano in modo strumentale morti e feriti, facendo leva sul diffuso sentimento di paura.

E’ passato un anno … e da allora siamo tutti “Je suis Charlie”: un grido di paura più che un inno di libertà, un  bieco paravento più che un vero attestato di solidarietà.

Innominato